Il Cristo del mosaico

La voce del Parroco

Sulla facciata della nostra chiesa c’è un lunotto con il mosaico di Cristo “Redemptor hominum”, con il mondo nella destra e la croce nella sinistra. In quanto “Redentore degli uomini” sembra invitare tutti, senza distinzioni di genere, di provenienza e di credo, a varcare la porta sottostante per entrare a pregare. In questo sembra obbedire al nostro Arcivescovo Mario che invita tutti, a partire dai preti, a essere in Avvento uomini di preghiera più che di azione, Maria più che Marta.
Il Cristo mostra a ogni suo discepolo fedele cosa egli stesso dovrebbe fare: mettersi a pregare e invitare altri a fare altrettanto. Tutto questo avviene di giorno. Ma di sera il Cristo, Redentore degli uomini, dall’alto della sua postazione sembra guardare un po’ più in là, sulla strada mentre passa la 90, con il suo penoso carico di maschi e femmine senza dimora che trovano lì dentro un dormitorio per passare la notte. Non fa in tempo a invitarli a entrare a pregare perché la 90 è già passata via veloce. Ma anche in altri orari il Cristo del mosaico sembra distratto dal suo compito di vigile della preghiera: egli guarda sul sagrato a quell’andirivieni di scriteriati carichi di domande inutili da porre ai preti o agli inventori di espedienti atti a raggranellare qualcosa di sostanzioso dal-le tasche di passanti sospettosi. Come la mettiamo? Il richiamo a essere persone che pregano sembra infrangersi sulla scogliera frastagliata dei bisogni buttati lì in qualche maniera e a qualsiasi ora, amplificati dalla emergenza della pandemia. Il Cristo Redemptor hominum non si scompone: sa che le cose non sono cambiate dai tempi in cui si è manifestato sulla Terra. Il Vangelo mostra Gesù di Nazaret che fa appena in tempo a rallegrare due sposi nella festa di nozze a Cana, ma subito dopo è finita lì. Il suo messaggio fatto di segni e parabole casca in un contesto drammatico fatto di forsennati indemoniati, farisei ipocriti, governatori sanguinari o semplice-mente gente comune che vuole man-giare. Per non parlare dei discepoli che gli vanno dietro capendo poco o nulla. Lui lo sa e dice che il seme non cade solo su terra buona ma anche sulla strada. Eppure non rinuncia a spargere la Parola di speranza a chiunque. Che sia anche questo il significato della scelta di Dio che chiamiamo “incarnazione”? L’evangelista Giovanni ci dice che “il Verbo si è fatto carne”. La Parola non è disincarnata, il seme non rimane sospeso a mezz’aria ma cade nel terreno, concimato o ari-do che sia. Il Cristo del mosaico allora non rinuncia a invitare a pregare: dice di farlo senza dimenticare nessuno, perché tutti gli sono affidati dal Padre che vuole che nessuno vada perso. Egli ci dice che se non riusciamo a trova-re il bandolo della matassa, specie in questi tempi calamitosi, non dobbiamo distrarre lo sguardo né dal Lui che parla né dall’umanità che ci pressa, ma possiamo trovare nella preghiera la casa che permette al nostro cuore di ospitare altri. Gesù è venuto nella carne sistemandosi in una mangiatoia: la prima cosa che ha fatto è stata quella di regalare a pastori e a re la possibilità di adorarlo. Ricordiamocelo ogni volta che guardiamo al presepe che prepariamo nelle nostre case.
Don Natale

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