Tre personaggi - Settimana Santa

Partiamo da un testo di Paolo VI del 1970 e lasciamoci ispirare in questo tempo particolare...

Riprendo la riflessione di una di queste Domeniche in cui mi sono lasciato guidare da Paolo VI: i suoi testi vengono proposti frequentemente alla riflessione di preti e laici in questo anno della sua canonizzazione. Con quel suo parlare incisivo, a pennellate decise, ecco cosa diceva alla vigilia di un suo viaggio apostolico nel 1970.

La Chiesa sta storicamente compiendo, quasi a sua insaputa, il disegno cristiano della salvezza. Lo potremmo forse chiamare questo quadro il dramma delle sproporzioni: quando Dio entra in scena, nella nostra scena umana, terrena e storica, quale equilibrio di proporzioni vi può essere?

E potremmo figurarci, per comodità concettuale, questo quadro così: lo scenario è la storia, questo nostro tempo, nel quale stiamo cercando «i segni dei tempi»; uno scenario disuguale, pieno di luce e di tenebre, devastato da raffiche d’uragano che sembrano irresistibili, le ideologie moderne; e da qualche fresca brezza di primavera, i soffi dello Spirito. Su questo scenario tre personaggi: uno, che tutto lo occupa, la moltitudine incalcolabile degli uomini d’oggi, crescenti, coscienti, come non lo erano stati mai, carichi di strumenti formidabili che danno loro potenza, che sa di prodigio, angelico o diabolico, salutare o micidiale, e che li rende dominatori della terra e del cielo e spesso schiavi di se stessi; giganti sono, e barcollano deboli e ciechi, agitati e furiosi in cerca di quiete e di ordine, sapienti su ogni cosa e scettici su tutto e sul proprio destino, sfrenati nella carne e folli nello spirito... Un carattere pare per tutti comune: sono infelici, manca loro qualche cosa di essenziale. Chi li può avvicinare? Chi istruire su le cose necessarie alla vita, quando tante ne conoscono di superflue? Chi li può interpretare e può sciogliere in verità i dubbi che li tormentano? Chi svelare ad essi la vocazione, ch’essi hanno implicita nei loro cuori? Sono oceano queste folle, sono l’umanità. Essa occupa tutta la scena, essa vi passa lentamente e tumultuosamente: è lei che fa la storia.

Ma ecco un altro personaggio. Piccolo come una formica, debole, inerme, minimo. Egli cerca di farsi largo in mezzo alla marea delle genti, tenta di dire una parola, si fa ostinato, cerca di farsi ascoltare, e assume aspetto di maestro, di profeta; assicura di non proferire parole sue, ma una parola arcana e infallibile. Ma ciò che più colpisce dal confronto che si è prodotto con questa presenza, ecco, è la sproporzione: sproporzione del numero, sproporzione di qualità, di potenza, di mezzi, sproporzione d’attualità... Ma il piccolo uomo, e voi avete compreso chi è: è l’apostolo, è il messaggero del Vangelo, è il testimonio; in questo caso, sì, il Papa, che osa misurarsi con gli uomini. Davide e Golia? altri dirà: Don Chisciotte...Scena irrilevante. Scena superata. Scena imbarazzante. Scena pericolosa. Scena ridicola. Così si sente dire! E le apparenze sembrano giustificare questi commenti. Ma il piccolo uomo, quando riesce ad ottenere un po’ di silenzio e qualche ascoltatore, parla con un tono di certezza tutto suo; dice però cose inconcepibili, misteri d’un mondo invisibile, e pur vicino, il mondo divino, il mondo cristiano, ma misteri... E alcuni ridono, altri gli dicono: ti ascolteremo un’altra volta, come capitò a S. Paolo nell’Areopago di Atene (At. 17, 32-33).

Però qualcuno là ha ascoltato, e sempre ascolta e si accorge che in quella flebile e sicura parola si distinguono due accenti singolari e dolcissimi, i quali risuonano meravigliosamente nel fondo del loro spirito: l’accento di verità e l’accento di amore. Si accorgono che la parola non è che strumentalmente di colui che la pronuncia: è una Parola a sé, una Parola d’un Altro. Dov’era e dov’è questo Altro? Chi era e chi è questo Altro? Non poteva e non può essere che un Essere vivo, una Persona essenzialmente Parola, un Verbo fatto uomo, il Verbo di Dio. Dov’era e dov’è il Verbo di Dio fatto carne? Perché oramai era ed è chiaro ch’Egli era ed è presente! E questo è il terzo personaggio della scena del mondo: il personaggio che la sovrasta e la occupa tutta là dove gli è fatta accoglienza, per una via distinta, ma non insolita al sapere umano, per via di fede”.

Ci accorgiamo che in cinquant’anni il primo personaggio non si è fatto più mansueto. Nella Settimana Santa il terzo personaggio si impone nella sua verità di croce e risurrezione, quindi di mistero totalmente altro. Nello stesso tempo sentiamo la sua estrema vicinanza mentre si accosta alla infelicità e al tormento dell’umanità. Chi aiuterà l’umanità ad accoglierlo “per via di fede” Qui c’è spazio per il secondo personaggio che siamo noi, ciascuno di noi che trema nella sproporzione spaventosa tra la propria pochezza e la vertigine del compito che gli è dato. Ma la forza del secondo personaggio non è in sé, è in Gesù che dice “così non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?”. Come i discepoli non siamo abbandonati al dramma della sproporzione: è la forza di Dio che si manifesta nella liturgia della Settimana Santa, assoluta risorsa per il nostro cuore.

Don Natale


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