• di Elena e Nicola Leonardis
  • 19 novembre 2022
  • Passaparola

DUE OSPITI VERAMENTE SPECIALI

Ci sono santi che ti accolgono in immense cattedrali,
con arcate che toccano il cielo e soffitti di blu e di stelle. Altri, in chiese
di campagna, circondate da distese di campi che aprono all’orizzonte. Zelia e
Luigi invece ogni nove giorni cambiano casa. Un trasloco continuo, un
pellegrinaggio ostinato in giro per l’Italia (e l’Europa), di famiglia in
famiglia. Milano, Padova, Cremona, Fagnano Olona, grandi città e comuni di
provincia. Bussano alle porte della gente comune, scelgono un angolo del loro
salotto o il tavolo della loro cucina e senza formalismi, lì dove sono, si
fermano. Entrano così, come ospiti insperati e condividono le giornate, le
fatiche, i pianti, i progetti, le risate, la gioia, la rabbia di chi tra quelle
mura vive la propria umana esistenza.


I coniugi Martin, o meglio i Santi Luigi
Martin (1823-1894) e Zelia Guérin (1831-1877), la prima coppia proclamata
santa, insieme, dalla Chiesa nel 2015, dopo una vita trascorsa tra le strade di
Alençon, nel nord della Francia, divisi tra lavoro (di entrambi), famiglia,
amici e preghiera non potevano certo riposare in pace in una sacrestia. Troppe
le donne e gli uomini di cui prendersi cura. Troppe le vite, simili alla loro,
per cui intercedere. E così questi santi del quotidiano, profondamente umani e
assolutamente divini, hanno intrapreso il loro viaggio. Merito di padre Antonio
Sangallo, carmelitano e postulatore della causa di canonizzazione, e di due
famiglie che come moderni rider -o
antichi postini- accompagnano le loro reliquie nelle case e nelle parrocchie.
Li accompagnano sì, perché le vie del Signore e quelle dei suoi pellegrini sono davvero infinite e hanno
un navigatore speciale: non ci puoi inserire la destinazione preferita, né
tantomeno scegliere il tragitto più veloce o senza traffico, devi solo
affidarti e avere fiducia.


Mentre scriviamo, nel silenzio della nostra
casa, con i bambini che già dormono, i santi Luigi e Zelia ci guardano le
spalle. Il loro reliquiario è nel lato opposto della stanza. Uno strano albero
d’argento, alla base due rose, piene, carnose, poco sopra cinque gigli in fiore
e altri quattro che ancora devono sbocciare. Sono i loro nove figli, quelli che
il Signore ha chiamato a sé in tenera età e quelle cinque figlie che a lui si
sono consacrate, entrando chi nella famiglia del Carmelo, chi in quella della Visitazione.
Tra loro Santa Teresa di Gesù bambino e la serva di Dio, Leonia. Nel mezzo una
teca rotonda che custodisce, accanto all’immagine degli sposi, alcuni frammenti
del loro corpo, delle ossa, della cassa di legno che li ha ospitati da morti e
due ciocche di capelli. La chiude un vetro in cui, se ti avvicini senza timori,
scopri inciso il volto di Cristo.


Le loro reliquie ci sono state affidate
domenica scorsa, al termine della Messa dedicata agli anniversari di
matrimonio. Per noi fino a quel momento erano i coniugi Martin, i santi
genitori di Teresa di Lisieux. Di loro non sapevamo nulla, neppure i nomi di
battesimo. Li abbiamo scoperti dopo, insieme alla loro storia, preparando per
loro un posto nella nostra casa e nella nostra vita. Ma soprattutto aprendo la
porta a quanti sono venuti per incontrarli, di persona o durante la novena che
ogni sera alle 21 condividiamo su Zoom.


Abbiamo visto quanto Zelia e Luigi abbiano a
cuore i figli: li abbiamo invocati insieme per la guarigione totale e definitiva
del nostro Tommaso, lo studio di Giovanni, la ricerca di felicità di Sara, la
solitudine di Simone. Loro facevano lo stesso per i loro figli nella malattia,
per Leonia dal carattere chiuso, talvolta scontroso e dalla mente lenta…


Abbiamo capito quanto amino i fratelli e si
prendano cura di questo legame viscerale e delicato: li abbiamo pregati per
Mattia, Caterina, Vale, per chi teme di compiere il primo passo, per chi deve
rispettare i tempi dell’altro, per chi vive una crisi o si è allontanato dalla famiglia.
Così come Zelia pregava per l’amato fratello…


Abbiamo compreso quanto siano vicini ai
genitori: abbiamo chiesto la loro intercessione per Rossella e Nicola e i loro
figli, adottati da poco, per quanti sono alle prese con le fatiche
dell’adolescenza, per quanti, soli, sono costretti a essere allo stesso tempo
padri e madri o, divenuti anziani, devono accettare di farsi accudire.
Esperienze che Luigi ha conosciuto nel profondo…


Abbiamo invitato lui e Zelia a prendere per
mano chi è ai primi passi del fidanzamento, chi desidera un bimbo, chi cerca un
lavoro, chi prega per la fede dell’altro e abbiamo sentito la tenerezza del
loro sguardo su di noi.


Li abbiamo visti sorridere per i sacerdoti, le
religiose, le laiche e i laici consacrati che sono rimasti qui con noi a
riprendere fiato e ritrovare il senso gioioso della loro vocazione…


Hanno stretto nel loro abbraccio le famiglie
in difficoltà, i malati, le persone separate o divorziate, i vedovi e i
genitori che hanno perso un figlio, perché Zelia e Luigi conoscono bene i
fallimenti, la morte, ma anche la forza straordinaria della Resurrezione…


Tutto questo per noi ha il sapore e il profumo
di un miracolo. Noi viviamo già nel miracolo. Nella nostra casa dove la
malattia, l’ospedale e le paure del futuro rischiano di assorbire la mente,
riempire le giornate, prosciugare l’amore e confinare il cuore in quattro mura,
i santi Zelia e Luigi Martin ci ricordano che no, non è così. Il Signore che è
capace di trasformare l’acqua nel vino migliore, che ridona la vista ai ciechi
e fa camminare gli storpi, può rendere qualsiasi casa il suo Santuario. Un
luogo sacro dove persino la passione e la morte -se posti nelle sue mani- sono
tutt’altro: sono spazi di vita, di umanità, di grazia. E questi santi, con la
loro famiglia, i loro amici, la loro esistenza lo sono stati. Sono stati la
vita eterna quaggiù. E non possiamo che ringraziarli di questo. Qualcuno ci ha
detto una volta che i santi nascono “a grappoli”, come l’uva. Non sono un
solitario, ma una collana intera, come la corona di un  Rosario. Perché si contaminano a vicenda.
Affidano e continuamente si affidano. In una comunione piena, a cui anche noi
tutti siamo invitati a partecipare. Basta aprire la porta. Allora sì, il miracolo
avviene.

Elena e Nicola Leonardis



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