Paolo e la Casa di Accoglienza

Dal 1990 ospitalità quotidiana a malati e familiari

Paolo Raffone, classe 1945, arriva a Milano da Roma nel 1985 per motivi di lavoro. Entra in contatto con la nostra parrocchia intorno al 2007, dopo aver frequentato altre co¬munità. Dal 2011, anno in cui raggiunge la pensione, è tra i volontari della Casa di Accoglienza “Madonna di Loreto”, che dal 1990 ospita per tutto l’anno familiari di ammalati ricoverati in ospedale e malati in terapia che si spostano a Milano per ricevere le cure necessarie. Da alcuni anni, Paolo è diventato il responsabile di questo servizio. Ogni mattina si reca alla messa delle 7.15 – «Mi dà un po’ di carica» – e finita la celebrazione sale alla Casa, dove trascorre tutta la mattinata fin verso mezzogiorno.


La Casa dispone di 10 camere e un massimo di 24 posti letto, riservati ai malati e ai loro accompagnatori, che vengono a conoscenza di que¬sta struttura quasi sempre tramite il passaparola, ma anche su indicazione degli assistenti sociali o per un’informazione ricevuta presso le stesse strutture ospedaliere. «La struttura è molto spartana e per la maggior parte del tempo autogestita dagli stessi ospiti. Offriamo un posto letto e un cambio di biancheria ogni settimana. Quando c’erano più volontari si offriva anche un servizio di trasporto in città».


Il grosso degli arrivi è dal sud Italia, c’è chi viene a curarsi a Milano per la prima volta e chi torna con una certa frequenza, chi sta uno o due giorni e chi deve fermarsi per settimane. Si condividono la cucina, il bagno, il telecomando. «Da un lato la convivenza crea dei problemi, ma – Paolo non ha dubbi – i lati positivi li superano di gran lunga: si creano delle relazioni, ci si aiuta a vicenda, nascono dei legami molto forti che proseguono anche successivamente». Lui stesso mi racconta delle famiglie con cui mantiene tuttora un contatto. «Non è un albergo a cinque stelle, ma abbiamo una Stella massima che ci aiuta».
La selezione degli ospiti non è semplice e Paolo sottolinea quanto sia delicata questa fase, affinché non si perda la coerenza allo scopo per cui la Casa è nata. E la fede? «Non chiediamo niente, abbiamo avuto ospiti di altre religioni, musulmani ad esempio, tanti battezzati non praticanti. Il fatto di avere la chiesa a un passo, però, è un elemento positivo. I sacerdoti sono sempre disponibili e qualcuno ritrova un proprio percorso». Di cosa ha bisogno oggi la Casa? Paolo non ha dubbi: di nuove forze tra i volontari e di qualcuno che un po’ alla volta lo affianchi nella gestione quotidiana, ora che è anche diventato nonno.


«Ci vogliono la pazienza, il cuore e la disponibilità. Ma soprattutto la fedeltà all’impegno».


Intervista di Marco Lombardo

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