Ed ora che attendo, Signore?

di don Luigi

Nell’Avvento di quest’anno sto sperimentando in modo nuovo la vita come “attesa”. Già sono solito ricevere ogni nuova giornata come una risposta al desidero di vivere: “che bello, mi dico, mi sono svegliato vivo … “. E questo, ora da vecchio, è ancora più vero, poiché ti ritrovi in modo gratuito un giorno nuovo da condividere nella comunità che da anni ti accoglie da prete. Ma che sorpresa quando ti trovi ricoverato con il COVID e ti vedi accudito e curato in modo amorevole, come un fratello, da persone fino ad allora sconosciute: la riconosci davvero come una risposta generosa alla attesa di saperti amato. Ma poi anche arriva la parola del medico che ti rispedisce a casa, forse guarito: l’attesa di vita ha ancora risposta, seppure la dovrai vivere in una lunga quarantena distanziato, come si dice, da tutti. Ma non “separato”! I miei fratelli preti mi sono vicini ogni giorno; gli innumerevoli amici, custoditi da anni lontani, ti accompagnano con l’augurio; Maddalena ti offre ogni giorno il cibo sempre gustoso, anche se tu ora non ne sai cogliere i sapori; il medico ti cerca ogni giorno; le mie sorelle mi sostengono con affetto quasi di mamma…. C’è ancora chi dice che il prete, perché celibe, è senza famiglia? Che famiglia grande e bella mi hai dato, Gesù! È con questa famiglia, attesa appagata ogni giorno, che mi è data la grazia di entrare in comunione celebrando l’Eucaristia, e a Gesù consegnare i piccoli disagi per chi soffre di più, e affidare all’abbraccio di Dio tutte le sorelle e i fratelli che già hanno attraversato l’ultima soglia. E attendo ancora… Attendo che quando quel giorno arriverà anche per me, per me pure accada quell’abbraccio di Gesù che, ne sono certo, avverrà, per sua misericordia.

× Attenzione! Testo dell'errore